Con l’ordinanza n. 24797 del 16 settembre 2024 la Corte di cassazione ha affrontato la questione della legittimità dell’uso in giudizio di registrazioni effettuate senza il consenso dei partecipanti alla discussione.
La vicenda ha origine nel 2016, quando un dipendente di una società registrava una riunione con i dirigenti senza che questi ne fossero a conoscenza. Tale registrazione, prodotta successivamente in causa da altri dipendenti, è stata utilizzata per sostenere le posizioni di questi ultimi nelle controversie contro l’azienda. I dirigenti, tuttavia, si sono rivolti al Garante per la protezione dei dati personali per ottenere la cancellazione del file, invocando la violazione del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR). Il Garante aveva respinto la richiesta, rilevando che le operazioni di trattamento erano state svolte per esclusive finalità di contestazione di addebiti nell’ambito del rapporto di lavoro.
I dirigenti avevano poi proposto opposizione al provvedimento del Garante al Tribunale di Venezia, il quale aveva accolto le istanze dei dirigenti, ordinando la cancellazione della registrazione e imponendo sanzioni pecuniarie ai dipendenti coinvolti, ritenendo che il trattamento dei dati personali fosse illecito in assenza di esigenze difensive al momento della registrazione, in quanto, nella specie, si trattava di una riunione di lavoro per la risoluzione di difficoltà organizzative interne all’azienda.
In accoglimento del ricorso presentato dal lavoratore, la Cassazione ha ribaltato la sentenza del Tribunale, affermando che, nel caso in questione, la registrazione effettuata nel 2016 era conforme alla normativa allora vigente (D.Lgs. 196/2003, Codice della privacy), che consentiva l’uso di dati personali senza il consenso per la difesa di diritti in sede giudiziaria.
La Corte ha altresì precisato che non si giunge a conclusione diverse anche ove si consideri il quadro normativo dato dal GDPR: “difendersi in giudizio, specie ove la controversia attenga a diritti della persona strettamente connessi alla dignità umana – e quindi i diritti dei lavoratori, secondo quanto dispone l’art. 36 Cost. – è un diritto fondamentale … Gli artt. 17 e 21 del GDPR rendono palese che nel bilanciamento degli interessi in gioco il diritto a difendersi in giudizio può essere ritenuto prevalente sui diritti dell’interessato al trattamento dei dati personali”.
Di tal ché, la Corte ha accolto il ricorso riconoscendo che l’utilizzo della registrazione a fini difensivi è conforme alla normativa sulla protezione dei dati. Ha così annullato la decisione del Tribunale e confermato la posizione assunta del Garante per la protezione dei dati personali.