Post denigratorio del lavoratore reintegrato: può costituire nuova giusta causa di licenziamento

Con ordinanza n. 13764 del 17.05.2024, la Suprema Corte ritiene che integri la giusta causa di licenziamento la condotta del lavoratore che aveva pubblicato un post su Facebook denigratorio contro l’azienda successivamente all’ordine di reintegra, ma prima della ripresa dell’attività lavorativa.

Il caso prende le mosse dall’impugnazione giudiziale del licenziamento da parte del dipendente, irrogato successivamente all’ordine di reintegra disposto dal Tribunale per un precedente licenziamento dichiarato poi illegittimo.
La Corte d’Appello, investita della domanda, considerava la condotta del ricorrente tanto grave da elidere il rapporto fiduciario tra le parti, confermando così la legittimità del recesso datoriale.

La vicenda giunge fino in Corte di Cassazione. Il lavoratore sosteneva che la condotta a lui contestata era stata realizzata prima della ripresa dell’attività lavorativa. Pertanto, tale comportamento non poteva rilevare dal punto di vista disciplinare non essendo stato ancora ripristinato in via effettiva il rapporto di lavoro.

La Suprema Corte ritiene, però, non accoglibile la difesa del lavoratore. Invero, i Giudici di legittimità sostengono che l’ordine di reintegrazione riattiva tutte le obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro, le quali rimangono solamente quiescenti successivamente all’illegittimo licenziamento.

Pertanto, laddove un illecito venga commesso nell’intervallo di tempo tra la lettura del dispositivo della sentenza di reintegra e l’effettiva ripresa dell’attività lavorativa, lo stesso può assumere rilevanza disciplinare.

Conseguentemente, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal dipendente e conferma la legittimità della sanzione espulsiva.