Con la sentenza n. 37655/2023, la Suprema Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento in merito al rapporto tra cancellazione dell’Ente dal Registro delle Imprese ed estinzione della responsabilità amministrativa da reato dello stesso.
La Corte di Cassazione, richiamando in particolare la sentenza n. 9006/2022, ha sancito che “la cancellazione dell’ente dal Registro delle Imprese non determina l’estinzione dell’illecito previsto dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, commesso nell’interesse ed a vantaggio dello stesso”.
Nella medesima pronuncia, la Suprema Corte, inoltre, si è soffermata su un apparente contrasto giurisprudenziale, illustrando come la determinazione assunta non confliggerebbe con un’altra pronuncia della medesima Corte, la sentenza n. 41082/2019. Quest’ultima sentenza, difatti, valorizzando l’art. 35 D.Lgs. 231/2001 (che estende all’Ente le disposizioni processuali relative all’imputato, in quanto compatibili), ha ritenuto contrariamente che la cancellazione dell’Ente dal Registro delle Imprese determina il venire meno della personalità giuridica dello stesso e, quindi, l’impossibilità di comminare le sanzioni connesse alla sua attività. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha sottolineato come la fattispecie concreta della suddetta pronuncia riguardasse un’ipotesi di cancellazione fisiologica per chiusura del fallimento della Società. Nel caso in esame, invece, la cancellazione dell’Ente non è stata causata da motivazioni fisiologiche e, anzi, come ha asserito la Corte, potrebbe costituire un commodus discessus per sottrarsi alle conseguenze pregiudizievoli di una futura ed eventuale pronuncia giudiziaria sfavorevole.
In definitiva, quindi, la Suprema Corte di Cassazione ha concluso asserendo che “la cancellazione della società può certamente porre un problema di soddisfacimento del relativo credito, ma non un problema di accertamento della responsabilità dell’ente per fatti anteriori, responsabilità che nessuna norma autorizza a ritenere elisa per effetto della cancellazione dell’ente stesso”.