La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25969 del 6 settembre 2023, evidenzia che, ai fini della valutazione della sussistenza della giusta causa di licenziamento, rileva anche il disvalore ambientale che assume la condotta contestata al lavoratore.
Il caso di specie prende le mosse dall’impugnazione del licenziamento per giusta causa da parte di una lavoratrice. La dipendente era assunta in qualità di responsabile di un punto vendita di abbigliamento ed era stata licenziata per giusta causa a seguito di una serie di condotte disciplinarmente rilevanti.
La Corte d’Appello di Genova, nel rigettare il ricorso della lavoratrice, sottolinea l’importanza del disvalore ambientale delle condotte contestate alla lavoratrice. I comportamenti addebitati appaiono, infatti, più gravi se relazionati al ruolo di responsabilità rivestito dalla dipendente.
La Cassazione, dal suo canto, rileva che la valutazione della legittimità di un licenziamento per giusta causa debba concentrarsi non solo sull’elemento obiettivo della condotta disciplinarmente rilevante, ma anche sulla sua portata soggettiva.
Pertanto, al fine di esaminare la proporzionalità della sanzione rispetto all’illecito disciplinare contestato, è necessario soppesare anche il disvalore ambientale che la condotta della dipendente assume. Secondo i Giudici, infatti, l’infrazione contestata assume maggior gravità laddove la dipendente riveste una posizione professionale rilevante. Ciò in quanto tale comportamento è idoneo ad influenzare negativamente gli altri dipendenti dell’impresa e ad assurgere a modello diseducativo e disincentivante dal rispetto degli obblighi di diligenza e fedeltà.
Nel caso in esame, la portata soggettiva della condotta contestata acquisisce valore determinate a fronte proprio del ruolo di responsabilità ricoperto dalla dipendente.
Pertanto, la Suprema Corte rigetta il ricorso della lavoratrice e conferma la legittimità del licenziamento disposto.