La vicenda prende le mosse dalla distrazione di somme di denaro tra due società appartenenti al medesimo gruppo realizzata dall’amministratore di entrambe le imprese. Nel contesto dello sviamento di fondi da una società all’altra, in particolare, la cedente veniva dichiarata fallita in ragione dei considerevoli ammanchi.
In tale ipotesi, come chiarito dalla Corte di Cassazione, Sezione V Penale, con sentenza n. 28258 del 30 giugno 2023, il delitto di bancarotta fraudolenta non può dirsi configurato automaticamente. E tuttavia, il reato è escluso soltanto se l’imputato riesca a dimostrare di aver realizzato comunque un vantaggio per la società cedente.
Trattasi di una inversione dell’onere probatorio particolarmente pregnante, poiché l’imputato è gravato da un onere di allegazione composito.
Egli deve dimostrare, in primis, la sussistenza di una realtà di gruppo. Questo però è soltanto il primo tassello, necessario ma non sufficiente: per escludere la natura distrattiva di un’operazione tra società appartenenti ad un medesimo gruppo, infatti, non basta allegare tale natura intrinseca. Come chiarito dalla Suprema Corte, l’imputato deve anche “fornire l’ulteriore dimostrazione del vantaggio compensativo ritratto dalla società che subisce il depauperamento in favore degli interessi complessivi del gruppo societario cui essa appartiene”.
Questo significa che, a fronte della natura oggettivamente distrattiva di una operazione, l’imputato deve allegare e dimostrare uno specifico vantaggio derivante dall’atto di disposizione patrimoniale, complessivamente riferibile al gruppo ma altresì produttivo di vantaggi (sia pure indiretti) per la società fallita; vantaggi che devono risultare concretamente idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell’operazione distrattiva stessa, di cui deve beneficiare anche la società fallita.