Videoregistrazioni e controlli difensivi

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 3045 del 6 febbraio 2025 riguarda il licenziamento disciplinare di un dipendente di una società, accusato di aver sottratto beni aziendali. La società ha utilizzato videoregistrazioni per dimostrare la condotta illecita del lavoratore. Il lavoratore, di contro, ha contestato la legittimità delle riprese, sostenendo che erano state effettuate senza le necessarie autorizzazioni e che erano state depositate tardivamente nel procedimento.

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità delle videoregistrazioni, ritenendole conformi alla normativa vigente e utilizzabili come prova. La Corte ha stabilito che le riprese erano finalizzate alla tutela del patrimonio aziendale e non al controllo diretto dell’attività lavorativa. Le telecamere erano installate nel piazzale esterno dell’azienda, in un’area aperta al transito di soggetti esterni e non in locali interni riservati ai dipendenti. Questo utilizzo è conforme all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (legge 20 maggio 1970 n. 300, come modificata dall’articolo 23 d. lgs.23/2015), che consente i controlli difensivi per proteggere il patrimonio aziendale.

La Corte ha altresì accertato che i filmati erano stati depositati su supporto digitale e resi accessibili alle parti già nel giudizio di primo grado. Non si trattava, quindi, di prove tardive introdotte in appello.

La genuinità delle videoregistrazioni è stata confermata dalle testimonianze e dalla documentazione accessoria (rapporti interni e piani di carico). Il disconoscimento delle videoregistrazioni da parte del ricorrente è stato giudicato generico e privo di elementi concreti.

La Corte ha richiamato la giurisprudenza relativa ai controlli difensivi, distinguendo tra controlli difensivi in senso lato (preventivi generali dell’attività lavorativa) e in senso stretto (attivati a seguito di un fondato sospetto su specifici illeciti di un singolo lavoratore). Le videoregistrazioni sono state considerate come controlli difensivi in senso stretto, attivati dopo che il responsabile della logistica aveva rilevato anomalie nei tempi di carico.

Nelle fattispecie analoghe a quella in esame l’azienda deve nominare un responsabile del trattamento che provveda alla visione e selezione delle immagini, così da individuare le sole riprese pertinenti e non eccedenti le finalità per le quali sono state eseguite, senza incidere sull’esame della qualità del lavoro o la qualità della prestazione lavorativa eseguita.

È fondamentale che i datori di lavoro informino chiaramente i dipendenti sulla presenza di sistemi di videosorveglianza e sulle finalità delle riprese. Questo non solo tutela il diritto alla privacy dei lavoratori, ma rafforza anche la legittimità delle prove raccolte. Le riprese devono essere finalizzate alla tutela del patrimonio aziendale e non al controllo diretto dell’attività lavorativa; infatti, le telecamere dovrebbero essere installate in aree comuni e non in spazi riservati ai dipendenti. È dunque essenziale che le riprese rispettino le normative vigenti, inclusi eventuali accordi sindacali o autorizzazioni ispettive, se richiesti. La documentazione tecnica a supporto della regolarità dell’impianto di videosorveglianza può altresì essere determinante in caso di contestazioni.