Anche la persona fisica risponde del reato di assunzione di lavoratori irregolari ex art. 22 D.lgs. n. 286/1998.

È il principio ribadito anche dalla Corte di Cassazione penale con sentenza n. 37866 del 15.10.2024.

Nel caso di specie, il sig. A.A. aveva assunto alle proprie dipendenze una signora extracomunitaria di nazionalità moldava, priva di regolare permesso di soggiorno, affinché accudisse i genitori anziani.

Preliminarmente, il Tribunale di Cosenza aveva ritenuto il sig. A.A. responsabile del reato di cui all’art. 22 del D.lgs. n. 286/1998.

Successivamente, la Corte di Appello di Catanzaro aveva riformato la sentenza di primo grado, assolvendo l’imputato con la formula “per non aver commesso il fatto”. La Corte di Appello di Catanzaro, infatti, aveva ritenuto non provata la qualità di datore di lavoro in capo al sig. A.A. poiché era stato apparentemente provato in giudizio che il padre dell’imputato, per quanto anziano, era persona autosufficiente e in grado di gestire i suoi interessi, ivi compreso il pagamento della retribuzione della badante.

Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Catanzaro ha presentato ricorso avverso tale pronuncia per violazione dell’art. 22 D.lgs. n. 286/1998. Al contrario, secondo il Procuratore, nel corso dell’istruttoria del procedimento, non erano emersi elementi tali da escludere che il sig. A.A. avesse assunto la qualità di datore di lavoro nei confronti della signora. Considerato che il reato di cui alla norma in commento è un reato proprio che può essere commesso solo dal datore di lavoro, il sig. A.A. doveva essere ritenuto responsabile del reato ascritto.

La Suprema Corte ritiene fondato il ricorso presentato dal Procuratore generale. I Giudici di legittimità chiariscono, invero, che il datore di lavoro non è solamente l’imprenditore o colui che gestisce professionalmente un’attività di lavoro organizzata, ma anche un semplice cittadino che assume alle dipendenze delle persone per svolgere attività lavorativa subordinata, di qualsiasi natura ed anche domestica. Oltretutto, la Corte di Cassazione ritiene che gli elementi emersi nel corso dell’istruttoria siano pienamente sufficienti a fondare la responsabilità dell’imputato. Invero, lo stesso sig. A.A. aveva dichiarato di aver contattato telefonicamente la badante e di aver gestito direttamente con lei i dettagli organizzativi della prestazione di lavoro nei confronti dei genitori anziani.

Pertanto, la Corte di Cassazione annulla la sentenza di secondo grado e rinvia per un nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Catanzaro.