E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, con sentenza n. 24885 dell’8 giugno 2023.
La Corte, in particolare, ha precisato che il giudice penale, per poter affermare la configurabilità del delitto previsto e punito dall’art. 570 c.p., comma 2, n. 2, deve accertare l’effettiva incidenza dell’omissione sulla disponibilità dei mezzi economici dei figli, “tenendo inoltre conto di tutte le altre circostanze del caso concreto”. È esclusa, pertanto, ogni automatica equiparazione dell’inadempimento dell’obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale.
Il Giudice delle Leggi è giunto a questa conclusione muovendo dal presupposto che l’assegno di mantenimento, stabilito dal giudice civile in sede di separazione, ha la finalità specifica di garantire al coniuge e ai figli minori il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Trattasi di un parametro di riferimento ontologicamente distinto dalla nozione di “stato di bisogno”, che richiama l’assolvimento delle esigenze primarie e che è tutelato dall’art. 570 c.p..
Qualora l’assegno di mantenimento sia versato soltanto parzialmente, ma in maniera costante e tale da garantire un apporto continuativo in favore del coniuge e dei figli minori, pertanto, il reato di cui all’art. 570, comma 2, c.p. è integrato soltanto in caso di idoneità dell’adempimento parziale a soddisfare le esigenze primarie dei beneficiari e, in particolare, dei figli minori, “non potendosi far discendere dal mero inesatto adempimento la configurabilità del reato in assenza dell’accertamento dello stato di bisogno”.
Il reato è escluso, al contrario, quando le circostanze concrete del caso siano tali da portare il giudicante ad escludere un sensibile e grave deterioramento delle condizioni di vita della prole.