Con sentenza n. 1476 del 5/05/2022, la Corte di Appello di Milano si è pronunciata in merito alla sorte di una società di capitali in caso di dissidio insanabile tra soci paritetici, affermando che “la sussistenza di un’insanabile conflittualità tra gli stessi, e il conseguente venire meno della fiducia reciproca, rende inevitabilmente impraticabili i meccanismi assembleari previsi dalla legge, con la conseguente impossibilità di un corretto, disteso e proficuo svolgimento dell’attività sociale”.
Nel caso di specie, la lite era insorta tra due fratelli tra i quali, come espressamente evidenziato dal Giudice, vi era da diverso tempo una situazione di attrito involgente non solo la gestione delle diverse società dei quali gli stessi facevano parte, ma anche i rapporti personali, sfociata in un processo penale a seguito di violente liti ed anche in sede ereditaria.
Tra le domande attoree vi era la condanna dell’altro socio al risarcimento del danno per aver disertato per lungo tempo le assemblee sociali, determinando così il verificarsi della causa di scioglimento ex art. 2484, comma 1, n. 3, c.c.. A tal proposito, già il Giudice di prime cure aveva rigettato la domanda, affermando che tale comportamento fosse legittimo e del tutto assimilabile a quello dei soci di maggioranza votanti in sede assembleare per lo scioglimento anticipato dell’ente.
In questa sede, la Corte di Appello, riprendendo la tematica di cui sopra, ha affermato l’irrilevanza del motivo dal quale è scaturito l’impossibilità di prosecuzione dell’attività sociale. Nel caso di specie, tale stallo è derivato da una “continua inattività” dell’assemblea a causa della diserzione di un socio, ma in ogni caso l’insanabile dissidio trai due soci paritetici, rendendo impossibile il raggiungimento delle maggioranze necessarie, avrebbe comunque provocato un’impossibilità di funzionamento dell’assemblea, integrando una causa tipica di scioglimento dell’ente.