Secondo la recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 4360/2023, la risposta al quesito deve essere negativa in quanto trattasi di un diritto che entra a far parte del patrimonio del lavoratore solamente a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Infatti, il trattamento di fine rapporto è un elemento della retribuzione caratterizzato dal pagamento differito al momento della cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni, licenziamento o raggiungimento dell’età pensionabile. In virtù della natura differita, il termine di decorrenza della prescrizione del diritto, gli interessi e la rivalutazione decorrono solamente dalla cessazione del rapporto di lavoro, inteso quale momento di effettiva maturazione del credito in capo al lavoratore.
Pertanto, i Giudici di legittimità ritengono che il lavoratore non possa rinunciare preventivamente a tale trattamento in quanto, trattandosi di un diritto futuro non ancora entrato nel suo patrimonio, la relativa rinuncia sarebbe nulla per mancanza dell’oggetto ai sensi dell’art. 1325 e 1418, comma 2 c.c.