Con ordinanza n. 34968 del 28.11.2022 la Corte di Cassazione individua l’onere probatorio a carico del lavoratore nel caso di domanda di risarcimento del danno da “superlavoro”. Secondo la Suprema Corte, il lavoratore deve fornire prova delle improprie modalità con cui l’attività di lavoro è stata svolta, nonché dei ritmi o della quantità di produzione del tutto insostenibili.
L’ordinanza prende le mosse dal ricorso presentato dal lavoratore, il quale domandava il ristoro dei danni biologici derivanti dall’illegittima condotta del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c., consistente nell’aver preteso dal lavoratore ritmi di lavoro insostenibili a causa di una situazione di carenza di personale. La Corte di Appello aveva rigettato la domanda, ritenendo non provate le condotte imputabili al datore di lavoro.
Secondo i Giudici di legittimità il lavoratore deve provare l’inadempimento del datore di lavoro, allegando la sussistenza di ritmi di lavoro irragionevoli e non tollerabili, nonché evidenziando i relativi fattori di rischio. Al contrario, spetta al datore di lavoro provare che i ritmi di lavoro richiesti al lavoratore sono del tutto normali e congrui o che il danno occorso al lavoratore non deriva da causa a lui imputabile. La Suprema Corte, ritenendo, dunque, integrato l’onere probatorio richiesto, accoglie le domande del lavoratore riconoscendo il relativo indennizzo.