Il Garante per la protezione dei dati personali accertava l’illiceità del trattamento dei dati da parte della Regione per aver diffuso illegittimamente dei dati sensibili relativi alla condizione di salute di alcuni candidati della procedura concorsuale indetta dalla medesima, vietando altresì l’ulteriore diffusione in internet di tali dati con prescrizione di misure idonee a garantire il rispetto di tale divieto.
Veniva ulteriormente comminata una sanzione amministrativa pari ad € 20.000,00.
La Suprema Corte di Cassazione, con provvedimento n. 29049 rigetta il ricorso della Regione contro la sanzione amministrativa emanata dall’Authority per la violazione del Codice privacy, ritenendo priva di fondamento la tesi della ricorrente circa la buona fede dell’ente e l’errore scusabile.
La Regione aveva, infatti, sostenuto di aver pubblicato sul sito istituzionale i risultati del concorso, nella convinzione di aver adempiuto ad un obbligo imposto dalla legge sulla trasparenza ammnistrativa. Già il Tribunale aveva sottolineato la possibilità per l’ente territoriale di trattare i dati personali in forma anonima «o comunque con modalità tali da evitare la diffusione sullo stato di salute dei partecipanti alla selezione pubblica, così da contemperare le esigenze di pubblicità della procedura concorsuale con le esigenze di riservatezza dei candidati». Ulteriormente, la Corte respinge anche il motivo proposto dalla ricorrente in merito alla contestazione dell’importo della sanzione, raddoppiato nel minimo edittale per essere coinvolti più soggetti interessati. Secondo la Regione, la segnalazione circa la violazione del proprio diritto alla riservatezza sarebbe giunta solo da uno dei candidati partecipanti alla procedura di selezione, con il conseguente venir meno del presupposto richiesto dalla norma di riferimento ai fini dell’applicazione del raddoppio dell’importo della sanzione. Ad avviso della Suprema Corte, tale circostanza non è idonea ad escludere il trattamento illecito dei dati personali nei confronti di più soggetti.
Pertanto, la sanzione inflitta alla Regione è corretta e giustificata in quanto la medesima, indicando i nomi dei candidati e l’espresso riferimento alla Legge n. 68/1999 che riguarda le “norme per il diritto al lavoro dei disabili”, ha rivelato un dato sensibile relativo alla loro salute. Circostanza quest’ultima che non può essere scusata.