È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, con sentenza n. 30329 dell’1 agosto 2022.
In particolare, secondo l’interpretazione dell’organo nomofilattico, il delitto di indebita compensazione previsto e punito dall’art. 10 quater del D.Lgs. 74/2000 sanziona il mancato versamento delle somme dovute attraverso l’utilizzazione in compensazione crediti non spettanti o inesistenti, tutelando l’interesse al versamento dei tributi pregiudicato dalla violazione della procedura di compensazione.
Alla luce di quanto sopra, il momento di rilevanza penale deve essere anticipato alla violazione della procedura di versamento dei tributi “che, per sua natura, implica un elevato grado di affidamento nella correttezza del protagonista del versamento, perché si consente al contribuente di effettuare il versamento unitario delle imposte e, contestualmente, di compensare le somme a debito con quelle di accredito relative a tali imposte, compilando l’apposito modello F24”.
Pertanto, per quanto l’indebita compensazione non sia immediatamente percepibile dall’amministrazione finanziaria, emergendo solo quando gli organi accertatori appurino l’insussistenza o la non spettanza del credito portato in compensazione, il delitto si consuma al momento della presentazione del modello F24 relativo all’anno interessato, e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, la condotta decettiva del contribuente si perfeziona con l’utilizzo del modello indicato, “realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale”.