Con ordinanza n. 20269/2022 la Corte di Cassazione ha statuito in merito al ricorso presentato dallo stilista Alviero Martini nei confronti della società Alviero Martini S.p.A.. Nel caso di specie, lo stilista, che aveva abbandonato nel 2006 la compagine sociale mediante la sottoscrizione di un accordo transattivo, riteneva che il marchio comprendente il patronimico “Alviero Martini” impiegato dalla Alviero Martini S.p.A. per contraddistinguere i propri prodotti di moda, fosse idoneo ad ingannare il pubblico in ordine alla relativa paternità. La Corte di Cassazione, condividendo un orientamento già espresso dalla Corte di Giustizia Europea, ha contrariamente osservato che l’ipotesi in esame non costituisce fattispecie idonea ad ingannare i consumatori. La Suprema Corte condividendo il ragionamento già esposto dalla Corte di Appello di Milano, ha infatti sostenuto che anche qualora, a seguito della cessione, alcuni consumatori avessero potuto ricondurre fisiologicamente gli articoli della società allo stilista, ciò non avrebbe potuto rappresentare di per sé un fenomeno ingannevole ai sensi dell’art. 14 c.p.i. Conseguentemente, provvedeva a rigettare il ricorso depositato dallo stilista.